Il Bungee Jumping del Delivery: Tra Conquiste e Vertiginose Ricadute
Il mondo del delivery assomiglia sempre più a un adrenalinico bungee jumping, con i rider costantemente sbalzati tra presunte conquiste di diritti e brusche cadute nella precarietà. Una dinamica fatta di accordi al ribasso, fugaci miraggi di stabilità e un ritorno strisciante a logiche che sembravano superate.
Il 2020 ha segnato una tappa controversa con l'accordo peggiorativo tra Assodelivery e Ugl, un momento che ha acuito le tensioni e le incertezze per molti lavoratori del settore.
Poi, nel 2021, una boccata d'ossigeno con la conquista di alcuni diritti da parte dei rider di Just Eat, un segnale che la lotta per una maggiore dignità nel settore poteva portare a risultati concreti.
Ma l'altalena ha continuato la sua corsa. Il 2023 ha visto l'addio di diverse applicazioni che, almeno sulla carta, avevano adottato un modello con contratto di lavoro subordinato. Ricordiamo Gorillas e Macai, meteore della consegna ultra-veloce che avevano promesso un nuovo approccio, salvo poi ritirarsi dal mercato italiano, lasciando dietro di sé interrogativi e, per molti, la perdita del lavoro. Stessa sorte per Getir, altra realtà che aveva tentato la carta della rapidità nella consegna di spesa e prodotti per la casa.
Il 2024 ha rappresentato un piccolo, ma significativo, punto a favore dei diritti con la condanna di Uber, costretta dai sindacati confederali a risarcire i lavoratori per licenziamenti ritenuti illegittimi. Un precedente importante, seppur isolato, che ha messo in luce le fragilità di un sistema spesso incline a eludere le proprie responsabilità.
E arriviamo al 2025, con l'annuncio dell'acquisizione di Just Eat da parte della holding olandese Prosus. Un'operazione da miliardi di euro che porterà al delisting della piattaforma dalla Borsa di Amsterdam. Se da un lato questa mossa potrebbe portare a nuovi scenari e investimenti, dall'altro solleva interrogativi sul futuro dei lavoratori e sulle strategie che il nuovo colosso del delivery adotterà.
Queste sono le dinamiche che finiscono sulle pagine dei giornali, quelle di cui i media sono a conoscenza. Ma c'è un sottobosco di cui si parla meno, ma che sta avendo un impatto significativo sulla vita dei rider. La cattiva gestione del servizio da parte di alcune piattaforme, unita a costi spesso esorbitanti per i ristoratori, sta portando molti di questi ultimi a tornare all'utilizzo di rider propri.
La beffa è che, nella maggior parte dei casi, questi rider "esterni" operano senza alcun contratto regolare, pur continuando a comparire nelle vetrine digitali delle stesse applicazioni che, teoricamente, avevano regolarizzato i propri dipendenti. Un paradosso che riporta il lavoro del rider pericolosamente vicino alla definizione di "lavoretto", precario e senza tutele.
Questo continuo "sali e scendi" non fa altro che rendere il lavoro nel delivery sempre più instabile e incerto, vanificando spesso le battaglie per il riconoscimento dei diritti e la dignità professionale. Un bungee jumping senza rete di sicurezza, dove a rimetterci sono sempre i lavoratori.
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