La Vertenza Rider: Un Labirinto di Contratti e Disuguaglianze
La questione dei rider, lavoratori instancabili che pedalano per consegnare cibo e merci nelle nostre città, si trova in un preoccupante stallo. Il nodo cruciale di questo blocco è rappresentato dalle profonde differenze contrattuali che frammentano la categoria, rendendo ogni tentativo di rivendicazione unitaria una vera e propria impresa.
Come giustamente sottolineato, la composizione dei rider non è affatto omogenea. Mohammed, trentenne pakistano, avrà esigenze ben diverse da Fabrizio, cinquantenne italiano. Le diversità etniche e di genere, unite ai fabbisogni personali e spesso alla difficoltà linguistica, rappresentano già di per sé barriere significative. Se a questo aggiungiamo la poliattività di molti rider, che si destreggiano tra più piattaforme con contratti differenti, la complessità nel comprendere e far valere i propri diritti si moltiplica esponenzialmente.
Ci troviamo di fronte a una disuguaglianza strutturale, alimentata da un mercato in cui le diverse applicazioni di delivery si fanno una guerra spietata, accusandosi reciprocamente di concorrenza sleale o di eccessivo rispetto delle regole. In questo caotico "scarica barile", fioriscono nuove piattaforme, ognuna con le proprie condizioni contrattuali, spesso oscure e svantaggiose per i lavoratori.
Emblematico è il caso di Torino, dove la stessa giunta comunale, pur essendo stata informata delle criticità del settore, ha preferito sponsorizzare iniziative come il bando per il delivery di Porta Palazzo, senza però affrontare le necessità basilari dei rider. La mancanza di supporti infrastrutturali come bagni pubblici, fontanelle o punti di ricarica nei luoghi di aggregazione dei lavoratori è stata liquidata come un investimento "troppo oneroso". Un'affermazione che stride fortemente con la successiva decisione di investire in colonnine di ricarica per cellulari in improbabili piste ciclabili periferiche.
Stesso discriminazione e' stata fatta dalla regione questa estate quando nel'ordinanza che regola le attività lavorative durante le ondate di calore per proteggere i lavoratori da danni alla salute dovuti all'esposizione prolungata al sole i rider sono stati esclusi
Questa situazione paradossale evidenzia una mancanza di volontà politica da parte delle istituzioni, che spesso hanno sfruttato mediaticamente la figura del rider durante le campagne elettorali, per poi ignorare le loro reali problematiche. Sembra che nessuno voglia realmente farsi carico di trovare soluzioni concrete per rendere il lavoro di questi instancabili lavoratori meno precario e più dignitoso.
La vertenza rider è dunque bloccata in un limbo contrattuale, ostaggio di un mercato deregolamentato e di un'indifferenza istituzionale che appare, se non complice, quantomeno miope. Fino a quando non si affronterà di petto la questione dell'omogeneizzazione dei diritti e del sostegno concreto a questi lavoratori, il rischio è che la "corsa" dei rider continui ad essere una faticosa e solitaria battaglia per la sopravvivenza.
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