Non Eravamo "Polemici", Eravamo il Termometro di un'Area GrigIA Digitale
In questi anni passati in sella, pedalando tra le vie delle nostre città, non ci siamo limitati a contestare la mancanza di tutele contrattuali, l'assenza di diritti basilari che per altri lavoratori sono la norma. No, la nostra battaglia è andata ben oltre. Abbiamo messo in discussione, con la forza della nostra precarietà quotidiana, il nuovo modello di imprenditoria digitale che ci ha fagocitato.
Siamo stati pedine, spesso inconsapevoli, utilizzate come ascensori sociali di facciata durante le campagne elettorali, sbandierati come esempio di dinamismo e innovazione, mentre le nostre reali condizioni di lavoro rimanevano nell'ombra. E quando abbiamo osato alzare la voce, quando abbiamo denunciato lo sfruttamento e i rischi, siamo stati etichettati come "polemici", quasi fossimo una scheggia impazzita, un dettaglio insignificante nel grande quadro del mondo del lavoro.
Ma le cronache recenti, le inchieste giornalistiche, gli sviluppi giudiziari, purtroppo, non ci danno torto. Dove attecchisce questa nuova "imprenditoria digitale", lì si forma un'area grigia, una zona d'ombra dove i diritti si affievoliscono e lo sfruttamento trova terreno fertile.
Emblematico è il caso di Uber, condannata per caporalato e che, dopo anni di battaglie legali e sentenze, ha annunciato la sua intenzione di lasciare il settore del delivery in Italia. Una decisione che, prevedibilmente, è stata contestata, costringendo il colosso americano a versare compensi ai rider. Ma diciamocelo chiaramente: Uber non vuole rinunciare alla "torta" dello sfruttamento nel nostro paese. Ha semplicemente cambiato settore, virando verso gli NCCC (noleggio con conducente).
E anche in questo nuovo scenario, le polemiche non mancano, con la prevedibile levata di scudi dei tassisti. Un paradosso che non ci sfugge, soprattutto se ricordiamo come, durante i difficili mesi del lockdown, proprio alcuni tassisti, in assenza di clienti, si improvvisarono nel delivery, andando a competere con quei rider che, spesso in bicicletta, garantivano un servizio essenziale alla collettività.
Questa area grigia non si dissolverà finché non prenderemo coscienza di una verità scomoda: le nostre vite, la nostra dignità, il nostro futuro non possono essere demandati a un algoritmo, governati da un'intelligenza artificiale che non conosce la fatica, la paura, i bisogni di un essere umano.
Siamo carne e ossa, non dati da processare. Abbiamo bisogno di diritti, di tutele, di un lavoro dignitoso che ci permetta di costruirci un futuro, non di sopravvivere pedalando tra le incertezze della notte. La battaglia continua, perché la dignità non è un algoritmo negoziabile.
Commenti
Posta un commento