Il Cibo Non Cresce sugli Alberi (Dei Distributori): L'Automatizzazione dello Sfruttamento dei Rider


 No, non ci bastavano le cucine fantasma, quei non-luoghi dove il sudore dei cuochi si mescola al vapore anonimo per nutrire la nostra fame da divano. Adesso, all'orizzonte dello sfruttamento dei rider, si stagliano i distributori automatici di cibo. Un'altra "innovazione" che, sotto la patina di efficienza e modernità, puzza terribilmente di automatizzazione della precarizzazione.

Sembra quasi una distopia del delivery: il rider, non più costretto (si fa per dire) a code infinite nei ristoranti o a navigare nel caos delle dark kitchen, potrà semplicemente strisciare un codice e prelevare il suo "pacco" da un anonimo distributore. Fantastico, no? Meno interazione umana, meno attesa, più consegne all'ora. Più sfruttamento, meno diritti.

Perché diciamocelo chiaramente: questa "evoluzione" non nasce dalla volontà di migliorare le condizioni di lavoro dei rider. Non è un'illuminazione per rendere le nostre giornate meno stressanti o per garantirci un compenso più dignitoso. È un'altra mossa per spremere ancora di più la nostra forza lavoro, riducendo ulteriormente i tempi morti e massimizzando il profitto delle piattaforme.

Il distributore automatico diventa così l'ennesimo anello di una catena che ci vede sempre più come ingranaggi sostituibili di un sistema automatizzato. Non più persone con bisogni, diritti e dignità, ma semplici esecutori di un algoritmo che ci spinge da un punto A a un punto B nel minor tempo possibile.

Dove finisce l'umanità in tutto questo? Dove finisce la possibilità di un contatto umano, di una pausa, di un riconoscimento del nostro lavoro che vada oltre il mero "pacco consegnato"?

Ci vogliono far credere che questa sia l'evoluzione naturale, il progresso inevitabile. Ma noi rider lo sappiamo bene: dietro ogni automatizzazione del processo di consegna, si nasconde spesso una nuova forma di invisibilità e di depersonalizzazione del nostro lavoro.

Non siamo semplici "portatori di cibo". Siamo lavoratori che meritano rispetto, tutele e una retribuzione equa. E non sarà certo un distributore automatico a farci dimenticare questa semplice verità.

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