Il Tesserino da Tre Euro Contro il Caporalato (e l'Omertà delle App): Un'Ambiguità Costosa per i Rider


 Milioni investiti in software di riconoscimento facciale che non solo si rivelano un buco nell'acqua, ma in molti casi diventano strumenti di discriminazione per i rider onesti. E la soluzione per combattere il caporalato, per arginare le zone grigie che alimentano lo sfruttamento, potrebbe essere un semplice tesserino. Un pezzo di plastica da pochi euro.

Sorge spontanea una domanda: ma le "menti brillanti" che gestiscono queste applicazioni, davvero non ci sono arrivate? Davvero non hanno considerato la semplicità e l'efficacia di un sistema di identificazione basilare? Permettetemi di nutrire forti dubbi al riguardo.

Perché sappiamo fin troppo bene quanto l'ambiguità sia un elemento fondante del modus operandi di queste piattaforme. Un'ambiguità che avvolge come una nebbia tossica il rapporto di lavoro, oscillando a piacimento tra l'autonomia di facciata e una subordinazione di fatto. Un'ambiguità che si estende pericolosamente anche al tema della sicurezza, scaricando sui rider responsabilità e oneri che non dovrebbero spettare a "collaboratori indipendenti".

E qui entra in gioco il tesserino da 3,00 euro. Un oggetto umile, ma potenzialmente rivoluzionario. Perché un sistema di identificazione chiaro e univoco potrebbe scardinare quella zona grigia tanto cara alle applicazioni. Un tesserino con nome, cognome, magari una foto e un codice identificativo, renderebbe tracciabile il lavoratore, responsabilizzando sia lui che la piattaforma.

Ma c'è un "piccolo" dettaglio che le applicazioni del delivery non vogliono nemmeno sentir nominare: la determinazione di un rapporto di subordinazione. Perché un sistema di identificazione stringente, unito a direttive operative e strumenti forniti dalla piattaforma (come spesso accade), farebbe vacillare l'intera impalcatura dell'"autonomia" a basso costo su cui si regge il loro modello di business.

Il tesserino, nella sua semplicità, potrebbe essere la chiave per far emergere la verità: molti rider non sono veri lavoratori autonomi, ma svolgono un'attività sotto la direzione e il controllo, più o meno velato, della piattaforma. E questo implica diritti, tutele e responsabilità ben diverse da quelle di un semplice "collaboratore".

Allora perché non si adotta questa soluzione apparentemente ovvia? La risposta, temo, risiede proprio in quella volontaria ambiguità. Un sistema opaco è più difficile da regolamentare, più facile da sfruttare. Un tesserino che mette nero su bianco l'identità del lavoratore e il suo legame con la piattaforma, rischia di far crollare un castello di carte costruito sull'incertezza.

È ora di smetterla di accettare soluzioni tecnologiche fallimentari come scuse per non affrontare il vero problema: la necessità di regolamentare seriamente il lavoro delle piattaforme del delivery, garantendo diritti, sicurezza e una retribuzione equa. Un tesserino da tre euro potrebbe essere un piccolo passo, ma un passo significativo verso la chiarezza e la dignità per migliaia di lavoratori. Ma le applicazioni sono pronte a rinunciare alla loro comoda ambiguità? Ho i miei seri dubbi

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