Non Solo Rider, Ma Anche Ristoratori: Vittime Silenziose delle App di Delivery



 Siamo abituati a sentire le storie dei rider, eroi moderni che pedalano instancabilmente per le nostre città, spesso alle prese con condizioni di lavoro precarie e algoritmi imperscrutabili. Ma oggi vogliamo alzare il velo su un'altra categoria di vittime di questo sistema apparentemente comodo e efficiente: i ristoratori.

Dietro ogni sacchetto termico consegnato, dietro ogni recensione a cinque stelle, si cela spesso la frustrazione di chi, con passione e sacrificio, manda avanti la propria attività. I ristoratori si trovano sempre più spesso ostaggio delle tariffe esorbitanti imposte dalle piattaforme di delivery.

Ricordiamo tutti il periodo buio del COVID-19. In quei giorni incerti, le app di delivery si sono presentate come una salvezza, un'ancora di sopravvivenza per molti ristoranti costretti alla chiusura. Ma a quale prezzo?

Quella che sembrava una mano tesa si è trasformata, per molti, in un laccio al collo. Le commissioni elevate, che in tempi di emergenza potevano sembrare un male necessario, sono rimaste strutturali, erodendo i margini di guadagno già messi a dura prova dalle restrizioni e dall'incertezza economica.

E la storia sembra ripetersi. Proprio quando si iniziava a intravedere una timida ripresa, ecco che spunta una nuova applicazione che si propone come "salvatrice" dei ristoratori. Ma qual è la dinamica sottostante? Ancora una volta, sembra che questa "salvezza" passi attraverso la penalizzazione di un'altra fascia di lavoratori: i rider.

È un gioco al ribasso inaccettabile, una spirale di sfruttamento che non crea valore reale per nessuno, se non per le casse delle grandi piattaforme. Non è possibile costruire un sistema sostenibile scaricando i costi e i rischi su chi lavora, sia esso in sella a una bicicletta o dietro i fornelli di un ristorante.

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