Rider e il "Si Stava Meglio": Quando la Nostalgia Parla di Lavoro, Non di Politica
Una lamentela sulle mutate condizioni lavorative all'interno del loro specifico settore
La sempiterna frase da osteria, quel "si stava meglio quando si stava peggio", risuona stranamente attuale tra le chat dei rider di Glovo. Al centro del dibattito, l'introduzione del free login, una mossa che promette flessibilità ma che rischia di acuire le già profonde spaccature all'interno della categoria.
Da un lato, c'è un comprensibile sospiro di sollievo per l'addio alle rigide griglie orarie e alla frustrante lotta contro i bot "ruba-ore". L'idea di potersi connettere e lavorare a piacimento, senza l'ansia di dover incastrare parametri o subire la concorrenza sleale, ha un suo indubbio fascino.
Dall'altro lato, però, si leva un coro di preoccupazioni, alimentato dal timore di una saturazione del sistema. Se tutti i rider potranno loggarsi contemporaneamente, la logica conseguenza sarà una drastica riduzione degli ordini per ciascuno, con un impatto diretto e negativo sui guadagni. Una libertà apparente che si traduce in una lotta ancora più dura per accaparrarsi le poche corse disponibili.
Questa discussione cruciale si inserisce in un contesto europeo in fermento, con la tanto attesa normativa che dovrebbe finalmente fare chiarezza sulla natura del rapporto di lavoro dei rider: autonomi o subordinati? Una domanda che non è solo teorica, ma che ha implicazioni concrete sui diritti, sulle tutele e sulla dignità di migliaia di lavoratori.
Il free login, in questo scenario, rischia di esacerbare le divisioni preesistenti. C'è chi ha sempre rivendicato un'autonomia reale, la possibilità di gestire il proprio tempo in maniera indipendente, magari affiancando l'attività di rider a un altro impiego (nel rispetto del tetto italiano delle 40 ore settimanali). Questa linea ha spesso guardato con sospetto alla subordinazione "unilaterale" imposta dalle piattaforme, con regole calate dall'alto senza una vera contrattazione. Per loro, il free login potrebbe rappresentare un ritorno a una maggiore libertà.
Ma c'è anche chi ha intravisto nella subordinazione, pur con tutte le sue criticità, un timido passo avanti. L'acquisizione di diritti fondamentali come malattia e ferie è vista come una conquista da non disperdere. Per questi rider, il free login potrebbe significare la perdita di quelle poche certezze faticosamente ottenute, in cambio di una flessibilità che rischia di trasformarsi in precarietà assoluta.
Ancora una volta, emerge un nodo cruciale: il mancato rispetto uniforme delle regole da parte delle applicazioni. L'assenza di un quadro normativo chiaro e di un'efficace vigilanza ha permesso alle piattaforme di agire spesso in una zona grigia, creando disparità di trattamento e alimentando la divisione tra i lavoratori. Chi avrebbe dovuto garantire un campo da gioco equo, pur tra mille difficoltà, non è riuscito a impedire che le logiche del profitto prevalessero sui diritti dei rider.
Il free login di Glovo non è quindi solo una questione di orari e algoritmi. È lo specchio di un settore del lavoro in profonda trasformazione, diviso tra la promessa di una flessibilità spesso illusoria e la dura realtà di una precarietà sempre più incombente. Mentre l'Europa si muove verso una regolamentazione, la vera sfida per i rider sarà superare le divisioni interne e trovare una voce unitaria per rivendicare diritti e dignità, al di là delle sirene di una libertà che, senza tutele, rischia di essere solo l'anticamera di un nuovo sfruttamento
Il Giogo del Ranking di Glovo: Quando i Punti Decidevano la Tua Vita (e per la Magistratura Era Subordinazione)
Dietro la facciata colorata e dinamica dell'app di Glovo, per molti rider si nascondeva un sistema perverso: il ranking. Un meccanismo apparentemente meritocratico che, attraverso una serie di punteggi, determinava chi poteva accedere alle preziose ore di lavoro, influenzando direttamente il loro guadagno e, di fatto, la loro sussistenza.
Questo sistema di ranking, più volte finito sotto la lente della magistratura, presentava diverse voci che, combinate, andavano a definire la "bravura" del rider agli occhi della piattaforma. Ma analizziamole nel dettaglio:
Le Voci del Ranking di Glovo (e Perché Hanno Fatto Scattare la Subordinazione):
Presenza di Collaborazione (o "Contributo"): Questo parametro premiava i rider che si rendevano maggiormente disponibili a lavorare, accettando un elevato numero di ordini e coprendo le fasce orarie offerte dalla piattaforma. Di fatto, spingeva i rider a essere costantemente "presenti" e reattivi alle richieste di Glovo, limitando la loro libertà di disconnessione e di scelta dei tempi di lavoro. Per la magistratura, questa costante disponibilità richiesta assomigliava molto all'obbligo di un lavoratore dipendente.
Efficienza (o Performance): Questo punteggio misurava la velocità e la precisione nelle consegne. Un rider che completava le corse rapidamente e senza intoppi guadagnava punti. Sebbene l'efficienza sia un aspetto importante in qualsiasi attività, il fatto che influenzasse direttamente l'accesso alle ore trasformava questo parametro in una forma di controllo sulla modalità di esecuzione della prestazione, tipica del rapporto di lavoro subordinato. La piattaforma, attraverso il ranking, dettava indirettamente i ritmi di lavoro.
Feedback Clienti (o Valutazioni): Le recensioni dei clienti avevano un peso significativo nel ranking. Un rider con valutazioni positive scalava la classifica, mentre feedback negativi potevano penalizzarlo. Questo introduceva un elemento di controllo "esterno" ma vincolante per il rider. La necessità di ottenere recensioni positive per garantirsi le ore spingeva i lavoratori a uniformarsi agli standard di servizio definiti dalla piattaforma, annullando di fatto la loro autonomia nella gestione del rapporto con il cliente.
Feedback Partner (Esercenti): Similmente ai feedback dei clienti, anche le valutazioni dei ristoranti e degli altri partner commerciali con cui i rider interagivano contribuivano al punteggio. Questo estendeva ulteriormente il controllo della piattaforma sul comportamento e sulle modalità operative del rider, influenzando anche le sue interazioni con soggetti terzi.
Il Punteggio Come Giogo: Salire e Scendere per Avere il Diritto di Lavorare:
Il vero elemento che ha fatto storcere il naso alla magistratura era il meccanismo di condizionamento della prenotazione delle ore di lavoro al punteggio raggiunto. Un rider con un ranking elevato aveva la priorità nella scelta delle fasce orarie più redditizie, mentre chi scendeva in classifica rischiava di non trovare più slot disponibili o di dover accontentarsi di orari meno convenienti.
Questo sistema creava una forte dipendenza del rider dalla piattaforma. Non era più il lavoratore a decidere liberamente quando e quanto lavorare, ma il suo punteggio, determinato da parametri definiti unilateralmente da Glovo. La possibilità di guadagnare e di lavorare stesso diventava subordinata al rispetto di standard e valutazioni imposte, snaturando la presunta autonomia del rider.
La Subordinazione Mascherata:
Per i giudici che si sono espressi in merito, questo sistema di ranking andava ben oltre la semplice valutazione della performance di un collaboratore autonomo. Esso configurava un vero e proprio potere direttivo e di controllo da parte di Glovo sui rider. La piattaforma non si limitava a fornire uno strumento di intermediazione, ma orientava, monitorava e sanzionava (attraverso la limitazione dell'accesso al lavoro) l'attività dei rider in maniera stringente.
In sostanza, il ranking trasformava i rider in lavoratori etero-diretti, costretti a conformarsi alle logiche e alle richieste della piattaforma per poter semplicemente accedere al proprio strumento di guadagno. Questa dinamica è stata un elemento chiave nelle sentenze che hanno riconosciuto, in diversi casi, la natura subordinata del rapporto tra Glovo e i suoi rider.
Free Login: La Finta Libertà di Glovo che Sbuffa sulla Normativa Europea (e Ci Prende Ancora in Giro)
Ancora una volta, Glovo ci prova con la sua solita furbizia mascherata da innovazione: il free login. Ci vendono la favola della libertà totale, del "lavora quando vuoi" come panacea di tutti i mali. Ma noi rider non siamo nati ieri e sappiamo leggere tra le righe di questa ennesima mossa.
Dietro la promessa di sbarazzarci delle frustranti prenotazioni orarie e della guerra ai bot (problemi che, guarda caso, sono stati creati e gestiti dalle stesse piattaforme!), si nasconde una verità molto più amara: il free login è l'ennesimo tentativo di dribblare la normativa europea e di continuare a trattarci come pedali usa e getta, senza alcun vincolo di subordinazione.
Ricordiamoci cosa dice, o meglio, cosa dovrebbe dire la normativa europea: spetta alle piattaforme dimostrare che i rider operano in regime di reale autonomia. Un onere probatorio non da poco, che costringerebbe queste multinazionali a rivedere radicalmente il loro modello di business basato sullo sfruttamento di una forza lavoro flessibile e a basso costo.
E qual è la "geniale" contromossa di Glovo? Il free login! Un sistema che, apparentemente, ci restituisce il potere di decidere quando lavorare. Ma è una libertà fasulla, una trappola ben congegnata.
Perché diciamocelo chiaramente: cosa cambia nella sostanza? Se tutti i rider si connettono contemporaneamente, attratti dalla chimera della libertà di orario, il risultato sarà una saturazione del sistema, una riduzione drastica degli ordini per ciascuno e, di conseguenza, guadagni ancora più miseri e incerti.
Non ci sarà più la "lotteria" delle prenotazioni, è vero. Ma ci sarà una lotteria ancora più crudele: quella di accaparrarsi le poche corse disponibili in un mare di concorrenti disperati. Una competizione al ribasso che non farà altro che aumentare la nostra precarietà e la nostra dipendenza dalle briciole che Glovo vorrà concederci.
Questa mossa, spacciata per un favore, è in realtà un modo subdolo per eludere la responsabilità di dimostrare la nostra "non subordinazione". Come possono sostenere che siamo autonomi quando la nostra capacità di guadagnare dipende interamente dalla quantità di ordini che loro ci assegnano attraverso un algoritmo opaco? Come possono parlare di autonomia quando la concorrenza interna, esacerbata dal free login, ci costringe ad accettare qualsiasi condizione pur di portare a casa qualcosa?
Il free login non è una vittoria per i rider, è una finta concessione che serve solo a Glovo per continuare a fare i propri comodi, ignorando le sacrosante richieste di riconoscimento dei nostri diritti. È uno schiaffo alla normativa europea, un modo sfrontato per dire: "Fate pure le vostre leggi, tanto noi troveremo sempre un modo per aggirarle".
Noi rider non siamo ciechi. Vediamo benissimo la trappola. Non ci faremo abbagliare da questa finta libertà che puzza tanto di ennesima manovra per scaricare su di noi tutti i rischi e le incertezze del loro modello di business.
È ora di smetterla di credere alle loro promesse. La vera libertà non si conquista con un click su un'app, ma con diritti, tutele e un riconoscimento dignitoso del nostro lavoro. Il free login è solo fumo negli occhi. La battaglia per la nostra dignità continua, e non ci faremo certo fermare da questa ennesima finta mossa
La Beffa della Subordinazione "Unilaterale": Diritti Concessi con la Mano Sinistra, Togliere con la Destra
Finalmente, dopo anni di battaglie e sentenze, una parte dei rider ha ottenuto il riconoscimento di un rapporto di lavoro subordinato. Sulla carta, una vittoria. Ferie, malattia, un barlume di tutele che prima erano un miraggio. Ma la realtà, come spesso accade, è un'altra storia: quella di una subordinazione "unilaterale", concessa a metà, che sa più di contentino che di vera conquista.
Sì, abbiamo strappato qualche diritto, come le ferie e la malattia. Ma a quale prezzo? Quello di una subordinazione che ci lega mani e piedi, spesso in maniera ancora più stringente di prima. Una subordinazione dove il "datore di lavoro" (passatemi il termine, visto che la definizione sembra ancora sfuggire a molti) si arroga il diritto di imporci condizioni di lavoro inaccettabili.
Parliamoci chiaro: chi di noi, con un contratto da dipendente in un altro settore, si vedrebbe costretto ad accettare ordini con chilometraggi da tappa del Giro d'Italia, magari con la propria auto o moto,bicicletta Ebike senza alcun rimborso spese degno di questo nome? Eppure, questa è la realtà per molti rider "subordinati". Il rifiuto di questi ordini "impossibili" spesso comporta penalizzazioni, se non addirittura la perdita del lavoro. Dov'è la libertà di un lavoratore dipendente di valutare la fattibilità e la sicurezza di un incarico?
E non finisce qui. Questa subordinazione a senso unico si guarda bene dal fornire i mezzi necessari per svolgere il lavoro. Chi mette il proprio mezzo, la propria benzina, la propria manutenzione? Sempre noi, i "dipendenti". Un controsenso logico ed economico che grida vendetta. In quale altro rapporto di subordinazione il lavoratore si sobbarca integralmente i costi operativi dell'azienda?
Senza contare il D.Lgs. 81/08 sulla sicurezza sul lavoro, spesso ignorato o applicato in maniera superficiale nel nostro settore. Chi si preoccupa veramente della nostra incolumità sulle strade, esposti a ogni tipo di rischio? Le tutele previste dalla legge rimangono spesso lettera morta, un lusso che non ci possiamo permettere se vogliamo continuare a "macinare" chilometri per portare a casa la giornata.
E poi ci sono i contratti, spesso poveri, bloccati da anni, che non riflettono minimamente la fatica, i rischi e l'importanza del nostro lavoro. Una subordinazione che ci lega a stipendi da fame, senza reali prospettive di crescita o di riconoscimento del nostro valore.
Questa subordinazione "unilaterale" è una beffa. Ci hanno concesso qualche briciola di diritto, è vero, ma ci hanno legato a un sistema che continua a sfruttarci, a ignorare le nostre esigenze e a scaricare su di noi tutti i costi e i rischi. Non è questa la subordinazione che abbiamo chiesto e per cui abbiamo lottato.
Vogliamo un rapporto di lavoro dignitoso, che rispetti pienamente i nostri diritti, che ci fornisca i mezzi per lavorare in sicurezza, che ci paghi in modo equo Non ci accontenteremo di questa finta subordinazione, di questi diritti concessi con la mano sinistra mentre con la destra ci tolgono la dignità e la possibilità di vivere del nostro lavoro. La battaglia continua, perché una vera conquista dei diritti passa per un riconoscimento pieno e senza compromessi della nostra dignità di lavoratori.
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