Rimborsi Kilometrici: Un'Equazione Sbagliata a Nostro Sfavore?


 Noi che per lavoro ci affidiamo ai nostri mezzi motorizzati lo sappiamo bene: la libertà e la flessibilità che ci offrono sono impagabili. Che si tratti di sfrecciare tra le vie di Torino o di raggiungere clienti nelle pittoresche valli piemontesi, il nostro veicolo è un compagno di lavoro insostituibile.

Tuttavia, sorge spontanea una riflessione, anzi, una vera e propria lamentela: quanto vengono realmente riconosciute le spese che sosteniamo per questi spostamenti?

Troppo spesso, purtroppo, la risposta è frustrante. Ci troviamo di fronte a rimborsi chilometrici che sembrano ignorare completamente la realtà dei costi. Ci vengono riconosciute cifre ben al di sotto delle tabelle ACI, soglie che già di per sé faticano a tenere il passo con l'aumento dei prezzi del carburante e della manutenzione.

Ma non è solo il carburante a pesare sul bilancio. Chi tiene conto dell'usura del nostro mezzo? Ogni chilometro percorso aggiunge stress meccanico, consuma pneumatici, richiede tagliandi più frequenti. E cosa dire dell'incognita degli incidenti? Nessuno è immune da imprevisti, e ritrovarsi con un mezzo danneggiato significa spesso affrontare spese ingenti e tempi di inattività forzata.

È davvero equo che queste costanti, questi rischi intrinseci al nostro lavoro "su strada", vengano ignorati o sottovalutati nei rimborsi chilometrici? Non sentiamo forse il peso di un'equazione che non tiene conto di tutte le variabili in gioco?



Rider: Da Eroi in Bici a Pedine di un Gioco Veloce e Iniquo

Ricordate i rider sulle loro agili biciclette muscolari? Erano l'immagine della flessibilità, del lavoretto transitorio. Ma quel quadretto idilliaco si è rapidamente trasformato. Oggi vediamo sempre più spesso sfrecciare bici elettriche "non omologate", con un tacito assenso delle app che fiutano l'affare della velocità. Poi lo scooter, infine l'automobile. Una mutazione silenziosa, ma dalle conseguenze pesanti.

Le performance richieste aumentano vertiginosamente. I chilometri da macinare si moltiplicano. E la stanchezza dei rider cresce di pari passo, ben lontana da quell'idea di "lavoretto transitorio" con cui molti avevano iniziato. Le applicazioni, sempre affamate di espansione e velocità, hanno colto al volo questa "palla al balzo". Più veloci si va, più clienti si raggiungono, più il mercato si allarga. Poco importa se questo significa spingere i rider oltre i limiti.

E così, la "palla rimbalza" e le app iniziano a prediligere i rider con mezzi motorizzati. L'algoritmo, quell'entità suprema e insindacabile, decide chi fa cosa. Nelle grandi città, vediamo regolarmente scooter e auto impegnati in consegne di brevissimo raggio, magari nel caos del centro, con l'incubo costante di trovare parcheggio, evitare multe nelle ZTL e districarsi in dinamiche assurde. Nel frattempo, le biciclette vengono mandate a coprire distanze degne di tappe del Giro d'Italia.

È questa la flessibilità promessa? È questo il futuro del delivery? Un futuro dove i rider, indipendentemente dal mezzo, vengono spremuti come limoni per inseguire la logica spietata dell'algoritmo e l'avidità di un mercato senza scrupoli.

Noi non ci stiamo. Non possiamo accettare che la passione e la fatica dei rider vengano sfruttate in questo modo. Non possiamo tollerare che la sicurezza e il benessere di questi lavoratori vengano sacrificate sull'altare della velocità e del profitto.


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