"Siamo Piccoli", Sfruttatori Senza Scrupoli: Il Delivery a Milano e Torino Nella Morsa del Precariato

 


Ancora una volta, il velo di ipocrisia si squarcia sul mondo del delivery a Milano e Torino. Dietro la rassicurante etichetta di "piccole realtà", si annidano pratiche di sfruttamento che non hanno nulla da invidiare ai colossi del settore. Piattaforme come Mammt ed Eat in time utilizzano la scusa delle loro dimensioni ridotte per perpetuare un sistema che scarica ogni rischio e responsabilità sui rider, con conseguenze disastrose per le loro vite.

Mammt, operante tra Milano e Torino, ha elevato a sistema il contratto a chiamata come strumento di precariato assoluto. Un continuo reclutamento alimenta un esercito di riserva di lavoratori pronti a pedalare, ma spesso lasciati nell'incertezza più totale, senza chiamate di lavoro e senza alcun indennizzo per la loro disponibilità. Il risultato è una beffa: retribuzioni mensili che toccano il fondo, attestandosi su miseri 70 euro. Una cifra che grida vendetta e che nega ogni dignità a chi lavora. E come se non bastasse, l'applicazione del decreto legislativo 81/08 sulla sicurezza sul lavoro sembrava un optional, fino al provvidenziale intervento del sindacato che ha dovuto esigere il rispetto delle normative più elementari.

Ma Mammt non è un caso isolato. Anche Eat in time, ammantandosi della stessa formula "siamo piccoli", si è distinta per una gestione opaca degli impegni retributivi. Solo la tenacia del sindacato ha permesso che sei rider intercettati ricevessero quanto loro dovuto. Un episodio che getta una luce inquietante sull'affidabilità di questa piattaforma. E, come per Mammt, il tema della salute e sicurezza dei rider sembra essere un argomento tabù, ignorato fino a quando non viene sollevato con forza.

Ci troviamo di fronte a un quadro desolante: piattaforme che si trincerano dietro una falsa modestia per eludere le proprie responsabilità, sfruttando la vulnerabilità dei lavoratori e negando loro diritti fondamentali. La "flessibilità" sbandierata si traduce in precariato selvaggio, in retribuzioni da fame e in una colpevole negligenza verso la sicurezza di chi ogni giorno rischia la propria incolumità sulle strade delle nostre città.

È ora di dire basta a questa ipocrisia. "Piccolo" non può e non deve significare assenza di diritti e sfruttamento legalizzato. I rider di Milano e Torino non sono pedine usa e getta. Sono lavoratori che meritano rispetto, tutele adeguate e una retribuzione che riconosca il loro valore e la loro fatica.

Non possiamo rimanere indifferenti di fronte a questa vergogna. Dobbiamo unirci, denunciare queste pratiche inaccettabili e sostenere chi si batte per la dignità del lavoro nel settore del delivery. La vera "piccola realtà" è quella di chi, con stipendi da fame e senza tutele, continua a pedalare per consegnarci un pasto caldo

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