Vendesi bicicletta elettrica Torino con doppia batteria

 




La Bicicletta "Fantasma" a 35 km/h: Il Lato Oscuro dell'Auto-Certificazione nel Delivery

Un annuncio apparentemente innocuo, quasi allettante per chi cerca di massimizzare i guadagni nel mondo del delivery: "Bicicletta 35 km/h, vendesi a 450 euro. Solo per rider seri, lavoratori che vogliono coprire turni di 8 ore." Dietro questa offerta si cela una verità scomoda, un'ombra inquietante proiettata sul sistema di auto-certificazione dei mezzi imposto dalle onnipresenti applicazioni di consegna a domicilio.

Un "upgrade" pericoloso e taciuto

Quella bicicletta, capace di raggiungere velocità ben superiori ai limiti consentiti per le normali e-bike, non è pensata per la sicurezza, ma per la produttività spinta all'estremo. È uno strumento per "rider seri" – tradotto: lavoratori disposti a spingersi oltre i limiti, a ignorare le normative, pur di completare più consegne in meno tempo. E le applicazioni? Loro sanno. Sanno benissimo che un mezzo non omologato, più performante e veloce, rende il cliente – anche quello più distante – più contento. Un cliente soddisfatto si traduce in recensioni positive e, in ultima analisi, in un sistema che continua a girare, incurante dei rischi.

L'auto-certificazione: una farsa ben orchestrata

Ogni turno, il rider è chiamato ad auto-certificare l'idoneità del proprio mezzo. Una spunta su uno schermo, una formalità svuotata di ogni reale verifica. Chi controlla se quella bicicletta è davvero sicura? Chi si preoccupa se il rider ha le competenze per gestire un mezzo così potente nel traffico cittadino? Nessuno. Perché l'auto-certificazione è il comodo paravento dietro cui le piattaforme si trincerano, scaricando ogni responsabilità sul lavoratore.

La logica perversa del "più veloce è meglio"

Le applicazioni, con i loro algoritmi implacabili, premiano la velocità. Un rider che consegna più velocemente, che copre distanze maggiori in meno tempo, è un rider "efficiente". E in questo gioco al massacro della produttività, una bicicletta modificata o non omologata diventa un "vantaggio competitivo", una necessità per non rimanere indietro.

Le vere vittime: i rider e la sicurezza stradale

Chi paga il prezzo di questa logica perversa? Innanzitutto, i rider stessi, costretti a utilizzare mezzi potenzialmente pericolosi, ad affrontare rischi maggiori per rispettare ritmi di lavoro insostenibili. E poi, la sicurezza stradale di tutti: automobilisti, pedoni, altri ciclisti, che si trovano a condividere la strada con mezzi lanciati a velocità inappropriate.

Non siamo numeri, siamo persone

Questo annuncio, apparentemente isolato, è la punta dell'iceberg di un sistema che mette il profitto al di sopra della sicurezza e della dignità del lavoro. L'auto-certificazione, in questo contesto, non è una semplificazione burocratica, ma uno strumento subdolo per deresponsabilizzare le piattaforme e scaricare i rischi sui lavoratori.

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