La pacca sulla spalla non paga l'affitto: Basta con le promesse vane
Oggi è successo di nuovo. Un gruppo di rider, stanchi delle continue ingiustizie, ha detto "basta". Hanno fermato le consegne, bloccando di fatto il servizio, per protestare contro l'ennesima beffa: il free login. E indovinate un po'? La risposta dell'azienda è stata la solita, stucchevole manfrina: una telefonata dagli uffici e, per i "più vicini all'azienda", la solita pacca sulla spalla che dovrebbe smorzare la rabbia.
Ma la rabbia non si smorza con una pacca sulla spalla, signori. Non si smorza con un sorriso di circostanza o una promessa vaga di "valutare la situazione". La rabbia nasce dalla frustrazione quotidiana, dalla precarietà che viviamo ogni giorno, dall'essere trattati come numeri, non come persone.
Il free login non è un piccolo inconveniente. È un colpo basso, l'ennesimo tentativo di scaricare sui lavoratori i costi e i rischi di un sistema che fa acqua da tutte le parti.
Ancora una volta, la voce di chi protesta si alza. Nel nostro settore, quello dei rider, la protesta assume spesso la forma della mobilitazione, l'unico strumento che sembra smuovere qualcosa. Ma è giunto il momento di dire chiaramente che la solita pacca sulla spalla non basta più, soprattutto quando viene data a quei pochi "ambasciatori" improvvisati che non ragionano in modo collettivo.
Questa dinamica perversa lascia fuori centinaia, se non migliaia, di rider che non ricevono alcuna pacca sulla spalla, nessuna promessa di sorta. Rimangono esclusi da un sistema che, di fatto, alimenta il caporalato digitale, creando figure intermedie non riconosciute, senza alcun potere reale di rappresentanza.
Vogliamo contratti veri, tutele reali, salari dignitosi. Non vogliamo più pseudo-ambasciatori o riunioni farsa. Vogliamo che la nostra voce, quella di tutti i rider, sia ascoltata attraverso i canali giusti, quelli che garantiscono diritti e rappresentanza.
Il "Freelogin" di Glovo: Quando la Responsabilità Ricade sui Rider
Un'affermazione sorprendente e controversa ha scosso la comunità dei rider di Glovo a Torino. Durante una recente riunione, un rappresentante dell'azienda avrebbe dichiarato: "La responsabilità non è per mancanza ordini ma per colpa dei rider che stanno online 24 ore". Questa dichiarazione ha acceso un faro sulla crescente frustrazione tra i lavoratori delle consegne e solleva interrogativi cruciali sulla natura del loro impiego.
La Realtà dei Numeri: Una Piccola Percentuale, Grandi Problemi
A Torino, una città con una flotta Glovo di circa 3000 rider, solo 60 di essi – ovvero il 2% del totale – sono stati accolti negli uffici dell'azienda per discutere delle loro preoccupazioni. Un numero esiguo, se si considera l'ampiezza del problema che stanno affrontando. Questa piccola rappresentanza mette in evidenza la difficoltà per i singoli rider di far sentire la propria voce all'interno di una struttura aziendale così vasta.
L'Impatto del "Freelogin": Guadagni in Caduta Libera
Il cuore della questione sembra risiedere nel sistema di "Freelogin" adottato da Glovo. Questo meccanismo, che permette ai rider di connettersi e disconnettersi liberamente, sembra stia erodendo drasticamente i loro guadagni. Le testimonianze parlano chiaro: otto ore di lavoro che prima fruttavano circa 100 euro, ora ne valgono a malapena 30 euro. Questo calo vertiginoso solleva seri dubbi sulla sostenibilità economica per i rider e sulla loro capacità di guadagnare un reddito dignitoso.
L'accusa di Glovo, secondo cui i rider che rimangono "online 24 ore" sarebbero la causa della mancanza di ordini, suona come una distorsione della realtà per molti. La logica suggerisce che, in un contesto di offerta (rider) e domanda (ordini) squilibrata, la responsabilità non possa ricadere unicamente su chi cerca di massimizzare le proprie ore di lavoro per compensare i guadagni ridotti.
Un Mercato Affollato: Sei Piattaforme in Competizione
La situazione a Torino è ulteriormente complicata dalla presenza di ben sei piattaforme di delivery che operano in città. Questa forte competizione, se da un lato offre maggiore scelta ai consumatori, dall'altro mette sotto pressione i rider, costretti a dividersi un numero di ordini potenzialmente limitato tra un numero crescente di lavoratori.
La discussione in corso tra Glovo e i suoi rider è un microcosmo delle sfide più ampie che affliggono il settore della gig economy. La retribuzione equa, la sicurezza del lavoro e la responsabilità delle piattaforme sono temi centrali che richiedono un dialogo aperto e soluzioni concrete. Fino a quando non si troverà un equilibrio, la "colpa" continuerà a ricadere dove fa più male: sulle spalle di chi pedala per portare il cibo a casa nostra.
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