Quando l'infortunio diventa merce di scambio: la lotta dei rider per la dignità
L'infortunio sul lavoro non dovrebbe mai essere una merce da contrattare, eppure, per i rider, è diventato una triste realtà. Prima del 2020, molti infortuni non venivano nemmeno riconosciuti. Poi abbiamo assistito a un'identificazione parziale del tempo di lavoro, dove solo il periodo di consegna contava, escludendo tutto il resto. E la situazione, purtroppo, non è migliorata.
Oggi, l'INAIL può riconoscere l'infortunio, ma ci troviamo di fronte a un'altra piaga: l'omissione contributiva da parte delle aziende, nonostante la denuncia sia stata presentata. Questa è solo una delle tante irregolarità che incontriamo.
Visite mediche e ritmi insostenibili: un sistema che non tutela
Abbiamo già sollevato il problema delle visite mediche di idoneità al lavoro, spesso effettuate solo dopo 50 giornate lavorative. Questo è inaccettabile. La prevenzione dovrebbe essere al primo posto, non la verifica a posteriori.
Ma la radice del problema è più profonda: la maggior parte degli infortuni è causata dai ritmi insostenibili imposti dagli algoritmi e dalle inadempienze delle piattaforme nel controllo dei mezzi. Le applicazioni viaggiano nell'ombra di una "legalità grigia", sfruttando vuoti normativi e l'urgenza di lavorare.
La nostra denuncia: un appello alla responsabilità
Denunciamo ancora una volta questa situazione. È ora che le piattaforme si assumano le proprie responsabilità e che la dignità dei rider non venga calpestata in nome del profitto.
Quando l'Algoritmo Incontra il Cemento: La Dura Realtà dei Rider
L'intelligenza artificiale, o AI, è ormai parte integrante delle nostre vite, e per noi rider, ne è il cuore pulsante. L'AI scrive, organizza i nostri turni, decide come e quando dobbiamo consegnare, e persino in quanto tempo. Promesse di efficienza e flessibilità ci vengono vendute ogni giorno, ma la realtà è ben diversa, e spesso, brutale.
Il "Lavoretto" che Lascia Segni Indelebili
Ci piace definirlo un "lavoretto" o un impiego "transitorio", come amano fare le piattaforme per minimizzare la loro responsabilità. Ma quando cadiamo, il cemento è duro e le ossa si rompono. Un infortunio per un rider non è un semplice contrattempo; può significare mesi di inattività, perdita di guadagno e, nel peggiore dei casi, danni permanenti.
Non possiamo permettere che un sistema progettato per ottimizzare le consegne a discapito della sicurezza lasci segni indelebili sul nostro corpo e sulla nostra vita. I ritmi imposti dagli algoritmi sono spesso insostenibili, spingendoci a limiti pericolosi pur di rispettare tempi di consegna irrealistici. La fretta, la pressione costante e la mancanza di controlli adeguati sui mezzi e sulle condizioni di lavoro trasformano ogni consegna in una potenziale trappola.
La Nostra Salute Non È un Dato da Algoritmo
È fondamentale ribadire che la nostra salute e la nostra sicurezza non sono semplici variabili da inserire in un algoritmo. Non siamo numeri, ma persone che lavorano in condizioni spesso precarie, con rischi concreti e conseguenze pesanti.
Commenti
Posta un commento